Klaus Schulze "Timewind" (1975)
Track list:
1)Bayreuth Return 2)Wahnfried 1883





Quando si parla di tastiere e sintetizzatori nell’universo rock la mente corre veloce al periodo aureo dei primi ’70. Interpreti di fama consolidata come i vari Emerson, Wakeman, Banks, Right, Bardens (solo per citare i più famosi) hanno in un certo senso dato l’input alla valorizzazione di questi strumenti, diventando senz’altro, musicalmente parlando, un ponte generazionale stravolgente, mentre utilizzavano strumenti nuovi per musiche nuove, regalando linfa e vitalità a un genere, il prog, che andava sempre più espandendosi, foriero di nuove vibrazioni.
Ma le potenzialità del synth divennero presto una fucina di idee e di sperimentazione per tanti tastieristi e se i sopra menzionati, furono bravi a collocarli nelle sonorità rock intese nell’accezione più genuina del termine, altri vollero approfondire le incredibili potenzialità dello strumento muovendosi ben oltre. Questi ultimi, alimentarono originali flussi sonori, spingendo sulla potenzialità di uno strumento che, all’epoca dei ’70, ancora non godeva appieno dei benefici offerti oggi dalla tecnologia; insomma, dei veri e propri pionieri che cambiarono il concetto di musica sintetica: un synth per ogni stile, un’apertura costante verso nuovi orizzonti di estremo interesse.
Certo, e parlo proprio a titolo personale, non si può negare la componente glam di questi strumenti: pesanti, ingombranti, pieni di manopole, interruttori, spie, led e lucette, con i musicisti spesso assediati da una quantità innumerevole di fili elettrici e tecnici sempre pronti a intervenire per le programmazioni degli strumenti stessi. Ma questo era un aspetto quasi decorativo (così come i bizzarri travestimenti di scena del geniale Brian Eno) e ciò che più interessava, soprattutto dopo la prima ondata spettacolare, era la componente musicale, un’esperienza poliedrica e innovativa che andava ad arricchire il repertorio di questi artisti.
Questa introduzione era necessaria per inquadrare il musicista di cui racconto un album leggendario uscito proprio a metà di quegli anni magici, nel 1975: sto parlando del compianto polistrumentista e compositore tedesco Klaus Schulze e del suo album “Timewind”. Le origini classiche di questo personaggio svilupparono già a inizio ’70 le loro potenzialità proprio attraverso la scoperta dell’elettronica. La sua militanza nei primi anni di carriera in gruppi all’avanguardia come Ash Ra Tempel e Tangerine Dream (dove suonò anche la batteria), lo introdussero alle peculiarità di generi come il Krautrock e la Kosmische Musik e ne misero in luce il talento. Una musicalità innovativa e particolare, ben lontana dalle tipiche cavalcate rock di altri generi, ma tutta da scoprire per il messaggio profondamente moderno e creativo.
Attivo come solista dal 1972, prima di “Timewind”, Schulze aveva realizzato già tre dischi di studio che avevano in ogni caso messo in risalto anche la sua vena classica e gotica, miscelandola con atmosfere sempre più viranti, con il trascorrere del tempo, verso fantascienza e siderale.
La dedica di Schulze in “Timewind” a Richard Wagner (eccezionale Maestro per lui), fa comprendere all’istante l’ambizioso progetto dell’artista, di cui molti riconoscono in questa opera la sua migliore realizzazione. Interamente composto dal medesimo tastierista, il lavoro consta di due soli brani, lunghe suite di oltre mezz’ora, in cui i suoi sintetizzatori disegnano climi da science-fiction, o adatte anche per un vero e proprio movie, un tripudio delle molte specificità o esclusività offerte dallo strumento. In prima linea sequencer e oscillatori, che regalano, mi si perdoni il gioco di parole, sequenze ad ampio spettro, in un gioco incredibile di chiaroscuri. L’atmosfera cangia dall’etereo all’inquietante in pochi attimi, trasportando l’ascoltatore in una dimensione parallela. Pur rimanendo sostanzialmente sobrie e spettrali nel loro sviluppo attraverso un sibilo che simula il vento, le melodie vengono impreziosite dal dispositivo sequenziale, cambiando le tonalità e rendendole capaci di adattarsi a stati di tensione o momenti più impalpabili. “Bayreuth Return”, il primo di questi pezzi riesce a muoversi tra queste infinite sovrapposizioni, ed è secondo chi scrive, un messaggio lasciato a quella schiera di musicisti che, nel futuro, evolveranno tali concetti o ispirazioni nei dettami della musica ambient, ma contemporaneamente apre a quella forma di rock cosmico, che ha fatto la fortuna di alcuni gruppi krautrock e anche progressive band. Meno propenso alla forma ambient ma dal grande impatto emotivo, giocato su riverberi e fluttuazioni d’organo e synth, il secondo brano “Wahnfried 1883”, un misto di cibernetica interplanetaria e atmosfera visionaria che prende forma con un ritmo rallentato e magnetico che si espande per tutta la composizione.
Per certi versi forse, mi sento di considerare che anche le atmosfere più rilassate della new age in certi momenti possano aver attinto qualcosa da queste eclettiche intuizioni. Nonostante la propensione sperimentale, non sfuggono mai l’estro e la preparazione classica di Klaus Schulze, che non disdegna talora interventi di tastiere e piano che ne mettono in mostra la cultura e le radici sinfoniche: tocchi di assoluta magia.
Jean - Michel Jarre, nel pluridecorato “Oxigène”, pubblicato poco dopo nel 1976, ricalcò sovente i climi di “Timewind”, probabilmente in uno stile più propenso al rock, ma senz’altro derivante, nella forma, da questa corrente musicale e chissà che magari, anche i Pink Floyd nel lungo intro di “Shine On You Crazy Diamond” non abbiano ripreso parte di queste atmosfere. Approcciandosi poi a tempi più recenti, potrei citare la splendida colonna sonora “Blade Runner” di Vangelis o “Koyaanisqatsi” di Philip Glass come opere riconducibili a questa scia di richiami.
Accostamenti non casuali che confermano l’iconicità di un disco che è autentica sponda tra passato e presente, con un occhio sempre rivolto al futuro. Un’opera che lascia traccia indelebile tra gli estimatori di una musica che si muove tra spazi cosmici, sensoriali e suggestive emozioni.
KLAUS SCHULZE: ARP 2600, ARP Odyssey, Sinthy-A, Sintetizzatore Elka String, organo Farfisa Professional Duo, pianoforte, sequecencer, oscillatori elettronici, Synthanorma, Produzione