Porcupine Tree "The Sky Moves Sideways" (1995)
Track List:
- 1)The Sky Moves Sideways (Phase One) 2) Dislocated Day 3) The Moon Touches Your Shoulder 4) Moon Loop 5) The Sky Moves Sideways (Phase Two)




Capolavoro!! Non trovo altre parole per descrivere “The Sky Moves Sideways”, terzo album di studio dei Porcupine Tree di cui si festeggia quest’anno il trentesimo anniversario dalla pubblicazione.
Era infatti il 1995 ed il gruppo britannico iniziava ormai ad affermarsi nel microcosmo prog nel segno del suo leader Steven Wilson, autentico emblema dell’evoluzione e rivoluzione del genere, grazie alla sua irrequietezza estrosa che riportò slancio e creatività in uno stile che aveva visto nel corso degli anni affievolire il proprio smalto, anche a causa della sua stessa magniloquenza. L’artista ha saputo essere la sponda ideale tra la ventata che il prog aveva comunicato nei primi ’70 e la musicalità attuale, dove si fondono in un crogiolo tutte le esperienze sonore: alt rock, folk e musica etnica, jazz, ambient, blues, ma la lista potrebbe continuare all’infinito, hanno arricchito nella visione artistica di Wilson, le atmosfere sinfoniche che per anni hanno fatto sognare generazioni.
Ogni disco dei Porcupine è qualcosa di stravolgente, ma questo in particolare, secondo chi scrive, rappresenta un’eccellenza fondativa per la band, segnando il passaggio definitivo da qualche ingenuità di un Wilson ancora un po' acerbo, alla piena maturità artistica che lo consacra definitivamente nell’élite del prog insieme alla sua band. È infatti con questo album che il gruppo assume il suo assetto definitivo, con le tastiere e i sintetizzatori di Richard Barbieri, già membro fondatore dei Japan, e il basso dell’australiano Colin Edwin, forse uno dei musicisti più preparati e sperimentali del rock attuale, un curriculum incredibile e una padronanza dello strumento, tale da riportare alla mente maestri d’arte come Chris Squire o Jaco Pastorius. La ritmica viene adeguatamente supportata dalla parte percussiva dell’ottimo Chris Maitland.
Steven Wilson, oltre ad essere la mente sublime dietro ai testi e le musiche di gran parte del disco, dimostra tutte le sue qualità di polistrumentista, andando addirittura a eseguire da solista alcuni brani (sue le chitarre, tastiere, il basso e ovviamente il canto in “Dislocated Man” e “Moon Touches Your Shoulder”). Una monumentale title track, inizialmente concepita come suite unica di circa quaranta minuti e successivamente suddivisa in due parti, abbraccia l’opera posizionandosi esattamente alle sue estremità.
Un viaggio psichedelico di Wilson che già nella prima parte del pezzo (Phase One), immerge l’ascoltatore in un’atmosfera ambient che apre prontamente a squarci evocativi e romantici, con spunti dei sintetizzatori, in contiguità a qualche reminiscenza floydiana; le chitarre carezzano la fascinosa cadenza che anticipa il cantato di Steven, ugualmente delicato, prima che la partitura aumenti i giri del ritmo facendo entrare in scena tutti gli attori in un dialogo sempre più incalzante tra gli interpreti che si stendono su un tappeto di tastiere, fino a giungere a spunti quasi orientaleggianti con interventi del flauto traverso e percussioni frenetiche; tutto ciò precede un finale nuovamente pacato, anche se giocato su climi più arcani. Il percorso prosegue anche nella seconda parte del pezzo (Phase Two), non meno seducente della prima, con momenti che si dipanano tra melodia, alternanze di riff e assoli magistralmente eseguiti.
Basterebbe questa doppia traccia a rendere grande il lavoro, ma altre perle sono lì in mezzo a regalare ancora emozioni, tra il jazz/rock con sprazzi canterburiani di “Dislocated Day” e la raffinatezza dei sei minuti di “The Moon Touches Your Shoulder”. A chiudere il cerchio, le improvvisazioni ambient/space rock di “Moon Loop” che ci riportano talora alle ricerche di crimsoniana memoria in “Moonchild”, qui modernizzate e cariche di inquietante mistero.
La musica di questo disco dei Porcupine Tree è un po' il marchio di fabbrica che si coglie nei loro undici lavori in studio: sembra evolvere partendo da una base quasi di nicchia, per poi, dispiegare le ali e conquistare a ogni nota, lasciando a bocca aperta. È un qualcosa che solo i grandi esecutori sanno fare (non per niente Wilson è attualmente anche uno dei producer più richiesti); il trait d’union tra antico e futuribile, suoni senza compromessi, un’avanguardia che non pone limiti e li spinge ancora oggi, nonostante più di 30 anni di attività e un organico in parte rinnovato, a proiettarsi verso orizzonti inesplorati.
BAND:
Steven Wilson chitarra, tastiera, voce / Richard Barbieri tastiere, sintetizzatore, effetti elettronici / Colin Edwin basso / Chris Maitland batteria, percussioni.
Special guests Rick Edwards percussioni / Suzanne Barbieri voce
https://www.youtube.com/watch?v=rwKOrA-9d10&t=2s